Lo so pochi ci credono, ma io lo so per certo; le streghe sono tra noi, lo so perché ne conosco molto bene una, insospettabile. Nella vita comune, quella dei "babbani"(oh! quanto mi piace rubare questa parola alla bravissima e, perché no?, ricchissima Rowlings,chissà forse anch'io..), nella vita di tutti i giorni, dicevo, è una signora rispettabile, una professionista stimata, una buona moglie, una tenera mamma e una figlia insostituibile, ma, in realtà, cioé nel mondo parallelo,..oh! è tutt'altra cosa. Figuratevi, si chiama Bumbi Ricciolina (buffo, vero?), ma da un po' di tempo a questa parte, vuole essere chiamata Ciucciu, perché gioca con una pupazzetta, incontrata su Facebook alla quale ha costruito una casa, quasi una reggia che cambia stile a seconda della fantasia del momento. Forse il social network vi stupisce, ebbene, dobbiamo dirlo, anche come strega è tecnologicamente e scientificamente avanzata e poi, come il signor Wesley della saga di Harry Potter, ama appropriarsi delle cose dei "babbani". Per esempio, la scopa, rigorosamente animata e magica quanto basta ce l'ha, ma la usa per le faccende domestiche. Lei si sposta con un'auto rossa che guida con calma e sicurezza: da come porta la macchina si potrebbe desumere che sia una persona, pardon, una strega pacifica e tranquilla. Errore! Non vi fate ingannare dalla borsa capricciosa e femminilissima che indossa ( spero sempre che un giorno se ne stanchi e me la regali); benché sia piccolina di statura indossa borse capienti per non uscire senza l'arco e le frecce che scaglia con sicurezza e precisione quando qualcuno le pesta i piedini. I maghi che se ne intendono di astrologia dicono che ha tutte le caratteristiche delle nate sotto il segno del Sagittario, ma le streghe non si sa bene quando e come sono nate, Di lei qualcuno dice che è piombata sulla terra con un casco di cristallo sul visino rotondo, come se fosse una piccola astronauta. Come tutte le streghe ha il suo animaletto magico, ma non è né un Gatto, nè un Rospo, o una Civetta vera, è un pelouche, o un' altra bestiolina di stoffa, ma non è possibile sapere quale. Lei non l'ha detto a nessuno, è mimetizzato in mezzo a un vero e proprio esercito di pupazzi di tutti i tipi e dimensioni che soggiornano comodamente sulle librerie, sulle poltrone o sul comò della sua bella casa..A pensarci bene, non sono mai riuscita a capire se i pupazzi siano più numerosi delle scarpe, stivali e sandali, custoditi gelosamente in un muro di scatole di cartone o viceversa. Sulle calzature ho ben poche speranze che me ne passi qualcuna ,dato che ha un piedino da Cenerentola. Per farla brev,e a me questa piccola strega battagliera dal cuore di zucchero piace moltissimo, ma non potete fidarvi di me, perchè, lo confesso,... sono la sua mamma. Parola di strega!
martedì 2 agosto 2011
lunedì 1 agosto 2011
Ciò che di me sapeste
"Ciò che di me sapeste/non fu che la scialbatura/la tonaca che riveste/ la nostra umana ventura..."
Ebbene si' voglio assumere una nuova "tonaca" e giocare con il nomignolo con cui mi chiamava la mia mamma e, siccome le streghe vanno di moda, ecco a voi "Nani Nanocchia", (ma potrebbe essere vero anche l'inverso, che lei sia quella vera e Luciana solo l'apparenza, chissà...):
Nani, detta Nanocchia affettuosamente dagli amci più intimi, era una strega; ehi!, andiamoci piano, non cadiamo nel solito equivoco medievale, secondo le più recente scoperte etimologiche l'inglese witch deriva da wise = saggia, quindi la strega all'origine è "colei che sa" più degli altri e può anche propinare pillole di saggezza. Quanto a questo non so se Nani fosse saggia, secondo qualcuno, anzi più d'uno, lo era. Spesso le dicevano "Parlare con te è stato un conforto, mi hai rasserenato/a", ma lei? Lei era una perenne irrequieta, le calzava a pennello quel verso di Montale "La tua irrequietudine è come gli uccelli di passo/turbina e non appare......" Una calma apparente e un cervello sempre in ebollizione, alla ricerca di qualcosa di nuovo, di non scontato, di imprevisto. Il suo look era spesso banale e conformista, quello che ci si aspetta da una strega un po' avanti negli anni, ma c'era sempre un particolare, un bracciale, una collana, una borsa che tradivano la sua vera natura. Spigolando sulle riviste delle umane guardava sempre le pagine della moda; le piaceva Cavalli con i suoi mix un po' folk. Di recente si era innamorata di un abito "vedo e non vedo" con frange lunghissime che partivano da una specie di collare per arrivare oltre l'ombellico. Quanto alle collane.. Ne aveva tantissime anche se spesso non le indossava, amava crearle mixando elementi diversi, era follemente attratta da tutto ciò che luccica e come Zio Paperone con le monete, le piaceva tuffare le mani nei suoi tesori....da mercatino. Dicevano che fosse "buona", "comprensiva, " sollecita", anche lei a volte lo pensava, ma guai a deluderla, guai a fare del male a chi amava, diventava rancorosa e vendicativa, e non riusciva a dimenticare. Non si sa bene perché amava gli elefanti, ne aveva una collezione, forse perché l'elefante è paziente, ma non dimentica. A volte come la musa inquietante di Carrà, avrebbe voluto staccarsi la testa e deporla lì per terra, per osservarla con calma e tentare di capirci qualcosa. Le piaceva giocare, ridere, ma di recente ci riusciva di meno, una cosa in cui riusciva sempre era pastrocchiare; "Ecco è arrivata Nani Nanocchia, la strega che pastrocchia", così dicevano di lei ed era vero, cotoni e colori, uncinetto pennelli ,legnetti e conchiglie, tutto andava bene purché fosse il momento giusto: Anche in cucina era così; combinava piattini deliziosi, purché improvvisati, variando gli elementi delle ricette tradizionali, si rifiutava di usare in questi casi la sua bacchetta magica, voleva fare da sè, come gli umani. Il risultato era che nella foga della creazione riduceva la cucina una campo di battaglia, sul tavolo al minimo giacevano alla rinfusa almeno cinque coltelli, quattro forchette e due mestoli, per non parlare di un numero imprecisato e variabile di tegami e tegamini. Lì neanche la bacchetta magica ce la poteva,perché non era conformata per riparare quei disatri e allora ci voleva un po' di pazienza per mettere tutto a posto e lei di pazienza, in fondo, ne aveva molta..ma è così?
martedì 26 luglio 2011
Hieme et aestate
Mi è giunto per email questo scritto di Sabina, penso che meriti di essere letto, non credo di essere parziale perché è mia figlia.
Hyeme et aestate
Per uno strano caso, sono tornata a Venezia dopo vent’anni due volte di seguito, una d’inverno e una d’estate. Venezia d’inverno ha un fascino particolare e suggerisce pensieri che non se fossi lì non ti verrebbero in mente. Luca ha realizzato il mio desiderio di sempre, quello di un giro in gondola. Era quasi buio, tra i canali, e le case erano avvolte nella nebbiolina della sera. Si sentiva meno Goldoni, parlava di più Jago. Ma tutto è stato spazzato via quando ho visto la casa di Marco Polo. Semplice, di mattoni rossi con la croce sul davanti. Rispetto alle altre case, con le finestre ad ogiva da racconto delle fiabe, è una casa povera, ma della povertà delle chiese romaniche. Immobile nel crepuscolo, merita lei il titolo di serenissima, perché con la sua semplicità ha vinto sul tempo, perché è ancora abitata, ancora viva e non è monumento. E l’ ho vista come deve averla vista Marco Polo prima di partire, perché, secondo me, è partito d’inverno al crepuscolo. E si è voltato indietro, forse ha avuto un dubbio, si è chiesto perché partire, ma non poteva più tornare indietro.
Quando sono tornata in estate, al ritorno dallo shopping, io e Fulvia abbiamo preso il traghetto da Piazza San Marco e l’abbiamo cercata per tutto il tragitto. Questa volta aveva in faccia il sole abbagliante del tramonto estivo, e se d’ inverno la casa mi ha regalato lo sguardo della partenza, d’estate mi ha regalato lo sguardo del ritorno. Tornare dopo un viaggio durato come una vita e trovare tutto com’era tranne te stesso, ma senza nostalgia senza rimpianti, con la certezza di aver speso bene il proprio tempo e ti accorgi che te ne avanza ancora parecchio. Quella di Marco Polo non è l’unica casa che ho visto, perché andando a Burano, nella laguna ho visto quella di Porzia, d’inverno non è stato possibile a causa del diluvio torrenziale. La casa di Porzia è su una di quelle isole piccolissime, e la prende quasi tutta. Ormai diroccata conserva ancora l’arco di accoglienza, quella davanti al pontile dove, finalmente ha attraccato la nave di Bassanio, nel muro diroccato c’è ancora tutta la gioia del compimento di un destino benigno. Triste seppur bellissima sia d’inverno che d’estate, invece, è la casa di Desdemona, le finestre sono un merletto bianco su cui l’umidità sembra non averla avuta vinta, i pali davanti sono azzurro e oro anch’essi sempre ben dipinti. D’estate e inverno la casa sembra chiedere ancora giustizia per la sua padrona.
Prima di partire siamo uscite io e Fulvia per andare a comprare dei giornali e imbucare le cartoline, l’estate arriva subito a Venezia o sulla laguna, con solo trenta gradi il sole già picchia sulla testa, ma quella mattina c’era un’arietta fresca. Sul fondo della banchina, dove stava l’albergo, ci sono tanti negozi, tra cui un grande ufficio delle poste che vendeva libri. Questa parte di Venezia mi ha colpito molto, forse perché alla fine del molo c’erano i traghetti per le isole e il resto del mondo. Davanti le gru per scaricare le merci dalle barche, alle spalle il treno. Ho trovato un bel libro rosa, nuovo e mi sono immaginata di aver abitato sempre lì e non a Roma. Sarebbe stata quella la mia cartoleria, e dopo i compiti sarei andata a comprarmi il libro. E nel calore estivo ho immaginato mio nonno che usciva da una di quelle case antiche con il suo cappotto nero e il cappello con la piuma che mi piaceva, nel pomeriggio invernale come faceva sempre alle cinque. Mi sembra di averlo quasi toccarlo, con la tipica andatura dritta, con la testa inclinata davanti per non farsi portare via il cappello dal vento che c’era sempre all’angolo tra viale Asia e viale Shakespeare. Lascio libro, voglio che resti a Venezia, affinché mi ricordi da lì questo momento, in cui inverno e estate, lontano e vicino, passato e presente, ricordo e fantasia sono solo parole. Hyeme et aestate, et prope et procul.
Già sul treno del ritorno avevo in mente l’organizzazione del diciottesimo compleanno di Fulvia. Non ci sarebbe sta più in casa una bambina, ma un’adulta. Il prossimo anno avrebbe finito la scuola. La pensione di alcuni miei colleghi che avevo avuto con me da sempre. Mille pensieri e sensazioni volavano nella mia testa come fanno gli uccelli quando per sbaglio sono entrati in una casa, e nel tentativo disperato di uscire sbattono contro le pareti, ma io sapevo cosa fare. Appena sono andata a trovare mia madre ho chiesto di darmi la croce che la signora Lina mi aveva regalato per la mia prima Comunione. E’ semplice come la casa di Marco Polo, da allora la indosso tutti i giorni perchè rappresenta fortezza, consiglio, giustizia e temperanza, cioè una saggezza antica impregnata di fede, che nei miei antenati era rappresentata in sommo grado. Per questo era stata regalata ad una bambina che faceva la prima comunione. La porto sempre con me come memoria di preghiera, preghiera di fare giorno dopo giorno la cosa giusta, preghiera di saper affrontare il nuovo con fede e speranza, preghiera che la loro gioiosa saggezza arrivi fino a me, e rimanga con me per sempre. Hyeme et aestate et prope et procul, usque dum vivam et ultra.
Hyeme et aestate
Per uno strano caso, sono tornata a Venezia dopo vent’anni due volte di seguito, una d’inverno e una d’estate. Venezia d’inverno ha un fascino particolare e suggerisce pensieri che non se fossi lì non ti verrebbero in mente. Luca ha realizzato il mio desiderio di sempre, quello di un giro in gondola. Era quasi buio, tra i canali, e le case erano avvolte nella nebbiolina della sera. Si sentiva meno Goldoni, parlava di più Jago. Ma tutto è stato spazzato via quando ho visto la casa di Marco Polo. Semplice, di mattoni rossi con la croce sul davanti. Rispetto alle altre case, con le finestre ad ogiva da racconto delle fiabe, è una casa povera, ma della povertà delle chiese romaniche. Immobile nel crepuscolo, merita lei il titolo di serenissima, perché con la sua semplicità ha vinto sul tempo, perché è ancora abitata, ancora viva e non è monumento. E l’ ho vista come deve averla vista Marco Polo prima di partire, perché, secondo me, è partito d’inverno al crepuscolo. E si è voltato indietro, forse ha avuto un dubbio, si è chiesto perché partire, ma non poteva più tornare indietro.
Quando sono tornata in estate, al ritorno dallo shopping, io e Fulvia abbiamo preso il traghetto da Piazza San Marco e l’abbiamo cercata per tutto il tragitto. Questa volta aveva in faccia il sole abbagliante del tramonto estivo, e se d’ inverno la casa mi ha regalato lo sguardo della partenza, d’estate mi ha regalato lo sguardo del ritorno. Tornare dopo un viaggio durato come una vita e trovare tutto com’era tranne te stesso, ma senza nostalgia senza rimpianti, con la certezza di aver speso bene il proprio tempo e ti accorgi che te ne avanza ancora parecchio. Quella di Marco Polo non è l’unica casa che ho visto, perché andando a Burano, nella laguna ho visto quella di Porzia, d’inverno non è stato possibile a causa del diluvio torrenziale. La casa di Porzia è su una di quelle isole piccolissime, e la prende quasi tutta. Ormai diroccata conserva ancora l’arco di accoglienza, quella davanti al pontile dove, finalmente ha attraccato la nave di Bassanio, nel muro diroccato c’è ancora tutta la gioia del compimento di un destino benigno. Triste seppur bellissima sia d’inverno che d’estate, invece, è la casa di Desdemona, le finestre sono un merletto bianco su cui l’umidità sembra non averla avuta vinta, i pali davanti sono azzurro e oro anch’essi sempre ben dipinti. D’estate e inverno la casa sembra chiedere ancora giustizia per la sua padrona.
Prima di partire siamo uscite io e Fulvia per andare a comprare dei giornali e imbucare le cartoline, l’estate arriva subito a Venezia o sulla laguna, con solo trenta gradi il sole già picchia sulla testa, ma quella mattina c’era un’arietta fresca. Sul fondo della banchina, dove stava l’albergo, ci sono tanti negozi, tra cui un grande ufficio delle poste che vendeva libri. Questa parte di Venezia mi ha colpito molto, forse perché alla fine del molo c’erano i traghetti per le isole e il resto del mondo. Davanti le gru per scaricare le merci dalle barche, alle spalle il treno. Ho trovato un bel libro rosa, nuovo e mi sono immaginata di aver abitato sempre lì e non a Roma. Sarebbe stata quella la mia cartoleria, e dopo i compiti sarei andata a comprarmi il libro. E nel calore estivo ho immaginato mio nonno che usciva da una di quelle case antiche con il suo cappotto nero e il cappello con la piuma che mi piaceva, nel pomeriggio invernale come faceva sempre alle cinque. Mi sembra di averlo quasi toccarlo, con la tipica andatura dritta, con la testa inclinata davanti per non farsi portare via il cappello dal vento che c’era sempre all’angolo tra viale Asia e viale Shakespeare. Lascio libro, voglio che resti a Venezia, affinché mi ricordi da lì questo momento, in cui inverno e estate, lontano e vicino, passato e presente, ricordo e fantasia sono solo parole. Hyeme et aestate, et prope et procul.
Già sul treno del ritorno avevo in mente l’organizzazione del diciottesimo compleanno di Fulvia. Non ci sarebbe sta più in casa una bambina, ma un’adulta. Il prossimo anno avrebbe finito la scuola. La pensione di alcuni miei colleghi che avevo avuto con me da sempre. Mille pensieri e sensazioni volavano nella mia testa come fanno gli uccelli quando per sbaglio sono entrati in una casa, e nel tentativo disperato di uscire sbattono contro le pareti, ma io sapevo cosa fare. Appena sono andata a trovare mia madre ho chiesto di darmi la croce che la signora Lina mi aveva regalato per la mia prima Comunione. E’ semplice come la casa di Marco Polo, da allora la indosso tutti i giorni perchè rappresenta fortezza, consiglio, giustizia e temperanza, cioè una saggezza antica impregnata di fede, che nei miei antenati era rappresentata in sommo grado. Per questo era stata regalata ad una bambina che faceva la prima comunione. La porto sempre con me come memoria di preghiera, preghiera di fare giorno dopo giorno la cosa giusta, preghiera di saper affrontare il nuovo con fede e speranza, preghiera che la loro gioiosa saggezza arrivi fino a me, e rimanga con me per sempre. Hyeme et aestate et prope et procul, usque dum vivam et ultra.
martedì 12 luglio 2011
Di luglio
Ecco il commento di Sabina al mio ultimo blog:
Anche io preferisco l’inverno. Del resto tutte le favole sono ambientate d’inverno. Mi piace molto il castello. In questo momento poi l’inverno passato assume un ruolo fondamentale: il prossimo non sarà uguale a questo, unico ed irripetibile per tante cose. L’ultimo anno di scuola di Fulvia, l’operazione di Luca con il corollario della tua venuta. E poi altre cose: la correzione della parte di storia la mattina presto, la tesina fatta a giugno, prima volta dopo tanto tempo che vieni senza operazioni. Penso che non farò più matematica con Fulvia, Luca non userà più il curvilineo per spiegarle fisica e le funzioni…. Ma io lascio che le ondate di emozioni spazzino il mio cuore, sono momenti di cuspide che vanno goduti anche perchè è in questi momenti che nelle favole arriva la fata madrina, il deus ex machina, il fatto che non era necessario….”
Tornando alla tesina di Fulvia solo il mare rende sopportabile l’estate..
Bacioni
Sabina
Ecco è proprio quello che volevo dire; avevo già preparato l'immagine del mio blog, quando è giunta l'email di Sabina che non era riuscita a postare il suo commento. Anche io pensavo al mare, alla meravigliosa sensazione che provi quando ti immergi in acque profonde, sì, profonde.. Amo il mare che ho conosciuto nella mia prima giovinezza, quello delle isole Eolie, non ancora contaminate dal turismo. La spiaggia di sassi dove i primi giorni non potevi camminare e arrivavi fino a dentro l'acqua con le ciabattine che poi, con lancio sicuro venivano gettate sulla riva, quel mare dove dopo pochi passi non hai più piede e vieni dolcemente sostenuto dall'acqua, o nuoti fino allo scoglio sommerso più vicino dove ti appoggi facendo attenzione ai ricci . L'aqua è cristallina, trasparente non temi l'inquinamento, non ci sono in giro motoscafi. Le esplorazioni si fanni in barca a remi e se si vuole sostare per fare merenda in qualche cala solitaria con i propri amici , ci si porta una mezza colonna di ghiaccio, avvolta in un telo intorno alla quale si collocano le bottigliette delle bibite. C'è il gusto della scoperta e soprattutto l'abbraccio dell'acqua ; ti senti padrone del mondo e ti abbandoni senza problemi ( e poi i problemi dei 16 o diciassette anni svaniscono presto, quando si è in buona compagnia a contatto con la natura.) Non credo che riuscirò mai più a provare quelle sensazioni, so solo che riuscirei a immergermi nell'acqua ( quanti anni sono che non faccio un bagno di mare ?) solo se trovassi qualcosa di simile, non certo in una spiaggia ( solo l'idea della sabbia infuocata mi fa inorridire) forse al Circeo dove la lingua di sabbia è piccola e stretta e dove trovi subito l'acqua abbastanza profonda da coprirti e e cullarti . Forse prima o poi ci riuscirò perché qualche volte tornare alle origini fa bene. Ti aiuta a "svuotarti di ogni lordura" e ad affidare al mare per pochi momenti il fardello delle piccole o grandi pene quotidiane. A presto.
domenica 10 luglio 2011
Un castello magico
Non sono io l'autrice di questo castello di cartone; è mia sorella Marina che lo ha realizzato per la sua inarrestabile nipotina di quattro anni che è sempre in cerca di nuove avventure. E' facile indovinare gli ingredienti una scatola grande di cartone, e supporti di cartoni degli asciugoni, nonché altri cartoncini arrotolati a forma di cono; il castello non è finito, manca ancora una torre più grande, ma è bello anche così e mi fa sognare. Ho voglia di fiabe e di fantasia, sto morendo di caldo e noia. Sì, mi annoio anche se poi, trovo sempre qualcosa da fare o da realizzare, magari finire qualche lavoretto incompiuto , o sbizzarrirmi in borse e borsine ( la mia mania del momento), malgrado ciò, non posso fare a meno di annoiarmi, perché vorrei qualcosa di nuovo e di diverso: sarà la sindrome del post esame ( ovviamente quello di Fulvia) ? Anche Marina lì per lì ha detto:" e adesso che facciamo?" Forse è vero che i prof. lo sono ad aeternum, forse è anche vero che ritrovare i "vecchi e mai sopiti amori di sempre"e condividerli con chi amiamo non è cosa da poco. Quando ho detto a Elena che Fulvia voleva iscriversi alla Facoltà di Lettere è stata felice, anche lei ha ritrovato nella sua amica qualcosa di simile a sé. E allora tuffiamoci in questo mare di ricordi , in mancanza di altre acque vere in cui buttarsi in questo caldo opprimente. La mia estate non è quella di D'Annunzio ( chi non ricorda la pioggia nel Pineto? Nè quella, forse meno nota, di Cardarelli "Stagione dai densi climi, ci si sveglia come in un acquario.." E' quella di Ungaretti ( se dovevano tirare fuori qualcosa alla Maturità perché proprio una lirica che non mi piace per niente e che non sembra nemmeno sua?) : " Quando su ci si butta lei si fa di un triste colore di rosa/ il bel fogliame" o quella di Montale con il" rovente muro d'orto" e "la foglia riarsa"..Non la facciamo lunga! ( mi sembra di sentire mia madre che me lo dice) prima l'estate era un'altra cosa, ora non la sopporto più, sono anche io riarsa e aspetto un po' di frescura, non quella del ventilatore, o forse sono solo stanca.L'ho detto, ho voglia di favole.... e se riprendessi in mano la storia di Apo?
mercoledì 6 luglio 2011
Alba prima degli esami
L'ora del blog non conta; è veramente dall'alba che sto meditando sulle mie sensazioni; gli esami di maturità, quelli della mia adorata nipote Fulvia, le ansie di una nonna + tante altre ansie che condivido, quelle di mia figlia Sabina, di mio generpo ecc.. "Ogni ora prossima è antica " dice il poeta, ovviamente Montale, chi altri? In ogni esame di maturtà tanti altri, non i tuoi , cara Gelmini, che , a quanto pare, fingi di ricordare e fai una grande confusione, a quanto dicono. Quando mai un tema poteva mettere insieme crepuscolari e Fogazzaro? Cosa mai ricorderanno della loro maturità gli ispettori ministeriali? Per esempio quello che ha scovato un Ungaretti che del "vero Ungaretti" ha così poco? E cosa sa della maturità chi ha proposto un problema che fuoriesce del tutto dai programmi abitualmente svolti? Sarà forse una vendetta per una SUA maturità fallita? io ricordo benissimo il mio tema di maturità " il paesaggio nella lirica di Leopardi", un tema pulito, chiaro, senza elucibrazioni e contorcimenti, quelli che mio figlio chiama (scusatemi !) SEGHE MENTALI. tanti esami, quello di mia figlia Sabina, in cui stavo tanto male che solo l'imprescindibile funzione docente mi ha salvato dal collasso, perché il caso mi ha offerto l'occasione di correggere una toppa tremenda di un suo compagno in attesa di entrare nell'antro dell'orco. Per dirla tutta, non solo quella di Fabrizio, famigerata commissione da impiccare, di mia nipote Barbara, collega d'italiano da gettare a fiume, ma anche quelle di tanti anni in cui "membro interno" a vita ho visto passare colleghi presuntuosi e saccenti, ma tanti altri garbati ,ironici, sorridenti, pronti a mettere a loro agio i ragazzi. Tante volte ho pensato di scrivere anch'io uno dei tanti "stupidari della maturità" che allora circolavano, quando ancora facebook non esisteva, ma c'erano i quaderni in cui gli alunni fedelmente registravano le "papere" dei loro prof. e poi garbatamente te le scodellavano durante la cena rituale prima degli esami. Cose tenere e affettuose di cui tutti ridevamo, perché fatte senza malizia; per non parlare dei regali scherzosi che tiravano fuori; ricordo un enorme paio di occhiali di plastica, comprati per poche lire alla Standa per una collega di scienza che ne aveva di bellissimi e firmati, il pallottoliere di legno colorato per la prof. di mate e per la sottoscritta, regolarmente un accendino. Li conservo ancora tutti, guai adoperarli! Una maturità, tante maturità, un solo augurio per la mia tenerissima Fuffa, che questa prova possa essere per te un bel ricordo. Fabrizio ha detto :" E' un ciclo che finisce" Sagge parole del mio sempre laconico figlio. Sursum corda! Deve finire in bellezza!
mercoledì 25 maggio 2011
Sasha e Anastasia al mare
Ci sono dei momenti nella nostra vita ( e magari fossero solo dei momenti ) in cui " il cielo sulla nostra testa è basso e pesante come un coperchio" ( ci sono ricascata, una ex prof. non può fare a meno delle citazioni ), le piccole muse della creatività dormicchiano. Magari dormissero del tutto; ogni tanto aprono gli occhietti e tentano di suggerirti qualche idea per svegliarti dal tuo torpore. Provo sempre a seguirle nelle loro tiepide iniziative, perché non avere un lavoretto per le mani mi fa stare ancora più male, ma non trovo altro che lavori insignficanti, poco gratificanti, che non mi stimolano per niente. In uno di questi momenti è giunto Andrea, alato mesaggero da parte di mia sorella con un carico di cinque grossi bustoni di indumenti per bambini piccoli e di pelouche da " esportare". L'export è una attività che mi gratifica, così tra Liuba, la mia insostitubile colf- amica e Anastasia giovane nonna di tre nipotini, i sacchi sono stati svuotati e hanno preso la strada per l'Ucraina. Ma c'è di più; nel sacco ho trovato due bambolotti, maschietto con tanto di pisellino e femminuccia, rigorosamente nudi, perché ancora devo trovare una bambina che non svesta le sue bambole, quando non fa di peggio. La povera "Spumona" è stata privata da Fulvia dei suoi bei capelli di lana lilla. Il fatto che fossero spogliati mi ha quasi costretto a prendere in mano ago e filo. Sono nati così, con la complicità di coloratissimi calzini a righe e di un pizzo, di cui posseggo chilometri ( Santa Isavel che visitava tutte le botteghe dell'Abbruzzo in cerca di pezzeda riciclare!) due completini per il mare. Sasha e Anastasia sono serviti, ma io adesso che faccio? Tanto per cambiare qualcosa, ho scaricato dei video su di una canzone che, chissà come, mi viene sempre in mente in questi giorni. ( In verità non è molto difficle capire il perché) Godetevi quella cantata da Mina...... intanto io provo ad inventarmi qualcosaltro. Se qualcuno conosce un metodo per risvegliare del tutto le piccole muse sonnolente me lo comunichi , per favore. Ciao e, buona giornata.
lunedì 2 maggio 2011
Il polipo pirata
L'idea è nata da un progetto visto su Susanna solobimbi e poi accantonato; del resto, non ho più ritrovato quel numero della rivsta, ho trovato, invece in fondo a un cassetto un paio di guanti di lana nera, comprato un po' per simpatia, un po' per il freddo dal solito extracomunitario che gira per le strade. In genere compro cose che poi si rivelano inutili. Ho sempre avuto una passione per i guanti; quando ero giovane ci tenevo moltissimo e li compravo in un negozio di Via Nazionale che vendeva solo quelli. Per i guanti di lana ho una particolare avversione perché quando li indosso ,poi non posso toccare nulla. Così smontando un paio di guanti e imbottendo in modo opportuno otto delle dieci dita,( ci ho infilato dentro anche un filo di ferro morbido per renderle flessibili), è nato il polipo pirata. Anche lui è un personaggio della mia fiaba; vive in fondo al mare e cattura tutti gli oggetti preziosi che si perdono e vanno a finire in fondo:è avaro, ma basta farlo sorridere perché ceda quello che ha. Potrebbe essere anche un strano portanelli; in realtà evoca anche immagini diverse. Mi fa pensare alla nostra memoria che tiene sul fondo cose bellissime, frammenti del nostro passato, ma solo in rari momenti cede una parte dei suoi tesori, sono momenti magici che ci danno nuove risorse, ci consentono di superare momenti di crisi e ci aprono il cuore alla speranza.Non è così?
sabato 30 aprile 2011
Bru bru, il bruco magico
E dentro le ali
Per volare nel sole.
Nel bruco la farfalla,
Forma mutante
e fissa.
Questa è una poesia di mia sorella Marina, lei è così, ogni tanto ha questi flash meravigliosi ( non siamo tutti bruchi e farfalle in continua mutazione anche da un momento all'altro della giornata?); da questa poesia è nato un personaggio del mio piccolo romanzo fantastico "Le avventure di Apo"e uno strano lungo lombrico che può essere anche un paraspifferi nella stanza dei bambini. Come fare? semplicissimo: tagliare la parte tubolare di tutti i calzini scompagnati che trovate, riempirla adeguatamente e cucire i vari elementi arricciando. La testa è più grossa, la faccia e i capelli sono di fantasia, ognuno se li fa come crede. P.S. Se non avete calzini scompagnati a sufficienza ci sono quelli coloratissimiche vendono gli extracomunitari. Come si vede da Bru Bru io ho una attrazione fatale per questi calzini che d'inverno metto appena alzata. Si sa che i colori mi attraggono e poi? Beh! Ogni tanti mi piace cambiare;anche le farfalle hanno colori meravigliosi. Allora? Cerchiamo di essere o di sentirci farfalle anche se siamo bruchi.
martedì 26 aprile 2011
Non ci posso credere,nonna!
questo non è un blog, è un flash di memoria che mi ha colpito all'improvviso prima di Pasqua: un coniglietta di pelouche, comprata al mercatino,( quello di una volta,non quello di adesso con tanta roba dozzinale e scontata )con un grembiule fornito di due ampie tasche. Sorpresa! in ogni tasca c'era un coniglietto piccolo, una mamma coniglia tenerissima; quando Fulvia l'ha vista, ha esclamato:" Non ci posso credere ,nonna!" ... Sono passati un po' di anni,l'ho vista crescere, ora è una bella ragazza, con tutti i dubbi, le speranze, i sogni della sua età. Ora sono io che quando la vedo, le parlo mi dico: Nonna, non ci posso credere!"
Sono stanco, tanto stanco..
La canzone mi è venuta in mente ieri mattina, come un flash di memoria,la cantava sempre zio Silvano; naturalmente l'ho trovata su youtube, ma siccome certe manovre mi sono ancora sconosciute,non sono riuscita a caricarla sul blog, mi è venuta in mente mentre meditavo e facevo un elenco delle cose e delle sensazioni che certe volte non sopporto più. In questa strana primavera che sa di novembre, mentre la natura tutta in fiore fa a pugni con un cielo grigio, le mille contraddizioni di ME mi sono piombate addosso tutte insieme. Ebbene, sì, sono stanca di questa casa che amo in cui tutto, giornali, riviste, oggetti, libri sembra lievitare come un universo in contina espansione, mentre i muri rimangono sempre gli stessi, sono stanca di sentirmi a volte cento anni, a volte solo trenta o venti e innamorarmi delle più pazze creazioni d Cavalli che a quel'età non avrei avuto il coraggo di indossare; sono stanca di tentare con scarsi risultati di fare il falegname, il metallaro, il tecnico del computer per tentare di risolvere problemi sui quali mi incaponisco, perché non mi va di aspettare il Godot di turno, quello che li risolverebbe in un attimo ,ma che non è disponibile, infine, se vogliamo essere un po' più seri, ma solo per un attimo, sono stanca della continua attesa di quello che da anni desidero più di ogni altra cosa e che non si è ancora realizato. Sono stanca di fare promesse che non riesco a mantenere: domani fumerò di meno,non comprerò più oggetti inutili, non mi farò più attrarre dall'ultima collana vista sulla bancarella ecc.. Ora basta! basta, di piangere su se stessi, anche questo è un dejà vu, potrei citare Petrarca ( Non trovo pace, e non ho da far guerra) e Tasso ( un folletto notturno gli faceva sparire gli oggetti che non trovava) e, così alla rinfusa, Pirandello ( il Gran Me e il Piccolo Me in contino contrasto tra di loro ), e Montale ( poteva mancare?)"Avrei volto sentirmi scabro ed essenziale".........Mi rendo conto di aver scritto un elenco di disastri psicologici,( che abbia bisogno di uno psicoterapeuta? Ma no! Oggi è un altro giorno tutto da scoprire e forse sarà diverso.
sabato 9 aprile 2011
C'era una volta...Una favola moderna

La foto è del 2008,bravo computer che memorizzi le date, anche se sono quelle di un scempio annunciato.. Forse pubblicherò qualcosa di più recente, ma non so se merita gli onori della pubblicazione; basta pensare che il mucchio di ferraglia, altro che nuvola si è perlomeno quadruplicato con somma gioia di chi se lo trova davanti tutti i giorni, Ma..il flash back è necessario.. C'era una volta, negli anni '60 un vasto e verdeggiante prato, il "pratone", dove i miei bambini andavano a giocare e molti gruppi-famiglia la domenica venivano dalla città per fare il picnic. Unico problema , il lunedì il prato era fiorito di buste di plastica, lasciate lì da gitanti poco educati. Deus ex machina interveniva Gastone, uomo garbato e sorridente, ormai una istituzione del luogo, (Già dimenticavo, siamo all'Eur)che, malgrado fosse munito di attrezzature semplici del tipo scopa e raccoglimondezza, nonché di un trespolo con bidone della spazzatura che spingeva a mano, riusciva a mantenere puliti marciapiedi e aiuole dei rifiuti che venivano gettati per strada. Il "pratone" dicevo... l'anno in cui cadde la neve fu la prima esperienza per i miei bambini e per tanti altri di giochi diversi dal solito.Fellini, innamorato dell'Eur,girò qui un episodio di" Boccaccio '70, quello in cui si vede il maxicartello con l'Anitona Eckberg,semisdraiata, che consiglia di bere più latte. Ma, c'è sempre un ma..il quartiere divenuto a poco a poco zona di uffici e di ministeri aveva bisogno di un parcheggio per le auto. Cosa di meglio di questa vasta dstesa verdeggiante? Così il "Pratone" perse tutto il suo verde, divenne una distesa di terra battuta, non bella a vedersi.Qualcuno pensò bene di farne un grande parcheggio, non molto frequentato , a dire il vero, perché molti non volevano spendere soldi per collocare la macchina durate le ore di ufficio. Le cose stavano così finché il grande architetto, in vacanza in Grecia non fu conquistato dalla leggerezza delle bianche nuvolette sul cielo marino. Non si sa bene perché proprio quelle greche, ma lui la racconta così, e da quel momento, trovando conpiacenti ed entusiasti sostenitori è nata, cresciuta, oh sì è molto cresciuta!, la nuvola di Fuksas, o meglio un gigantesco negozio di ferramenta che dovrà imbrigliare e sostenere questa NUVOLA che ci ha tolto il sole e la visuale di un bel pezzo di cielo.In compenso chi si trova a passare verso il tramonto per Viale Asia può vedere sull'asta orizzontale della gigantesca gru appollaiati decine di gabbiani che hanno trovato questo strano ramo per sostare durante la notte. E noi? poveri esseri umani ancorati al bello della natura, noi che abbiano assistito allo sradicamento di 200 tigli che stavano lì da decenni, quale surrogato riusciremo a trovare per tutto quello che ci hanno tolto? Sicuramente sopravviveremo, perché siamo dotati di grandi capacità di adattamento,(si sopravvive a disastri ben più grandi di questo brutto mostro di ferro), ma perché tutto questo?
domenica 27 marzo 2011
Alice nel paese delle meraviglie - Stregatto
Il video era stato preso da youtube tanto tempo fa, prima di Natale, quando ho comprato una splendida borsa portatrucco con un meraviglioso stregatto per la mia adorata Fulvia (regalo di Natale). Quando compro questi oggetti, so benissimo che si tratta di un transfert, sono cose che anche io indosserei, ma che non mi sono consnetite per l'età. Eppure lo stregatto di Alice mi affascina per altri motivi,affascinante e sfuggente. Inutili i commenti sull'autore di Alice nel paese delle meraviglie, superflo puntualizzare che faceva uso di droghe, non m'interessa. La creazione va colta e goduta o rifiutata per quello che è. Il gatto stregato, (anche io ne ho realizzato uno tutto mio che si chiama Stremiao ed è molto diverso)è per me l'immagine della felicità, colta per un attimo e poi subito svanita;lui ti guida, ma poi sparisce e tu , come Alice non sai più che fare. Montale ( poteva mancare il mio poeta preferito?) ha scritto:<< Felicità raggiunta,si cammina
per sul fil di lana
Agli occhi sei barlume che vacilla
al pide teso ghiaccio che s'incrina
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.>>
Ebbene, ora, in questo momento, felicità per me è condividere tutto questo con chi mi legge, fra cinque minuti altre incombenze, che odio, del tipo sgombrare i piatti ,organizzare la mattinata e con l'ora legale per giunta, non poco. So già che mi ci vorranno almeno tre giorni per superare le conseguenze dello spostamento di un'ora. E allora che fare degli attimi di felicità, tanti, ma sfuggenti? Raccoglierli in un angolo della memoria,archiviarli come le foto più belle sul computer e soffermarsi qualche volta per sfogliarli così senza impegno, farli riaffiorare o creare le condizioni per ripeterli. Intanto, riuscirò a realizzare un gatto stregatto? Sono alla ricerca della stoffa adatta. Quando la troverò lo vedrete qui sul mio blog, sornione e sfuggente. Buona giornata!
lunedì 21 marzo 2011
creatività della natura
Le zucche dipinte sono ua creazione di mia sorella Marina; le pubblico per invitare le mie lettrici a partecipare al concorso indetto dalla Just. Per chi non la conoscesse è una ditta svizzera che fabbrica e vende prodotti di igiene personale e della casa, creme per il viso per il corpo utilizzando solo prodotti naturali; le norme del concorso sono sul seguente link www.concorso-calendario2012.just.it. bisogna madare o foto o disegni che hanno per tema la creatività della natura e che saranno selezionate per il prossimo calendario, il premio consiste in un numero grande di prodotti che ognuno può utilizzare come vuole. Pubblico questa notizia perché uno dei rappresentati della Just è un nostro carissimo amico da tanti anni e perché penso che qualcuno di voi possa e voglia cimentarsi in questo tentativo; è anche un modo per farsi conoscere . Mi rivolgo soprattutto a Klarte, a Elena che è così brava con la macchina fotografica, ma anche a Sabina e a Fulvia.Buone foto e buon divertimento. Credo che parteciperò anche io con qualcosa che ho inmente, ma che devo fotografare. Buon divertimento a tutte.
lunedì 14 marzo 2011
Anche il Panda...
Non so perché questa immagine in cui un tenero Panda terrorizzato si attacca ad un paio di solide gambe, mi ha profondamente commosso,forse in lui vedo la sintesi, il aimbolo di tanto dolore e disperazione. La pubblico nella speranza che la mia amica giapponese, piovuta dal misterioso cielo del web,la veda e comprenda che noi tutti partecipiamo alla tragedia che ha colpito il suo popolo. La sua pagina l'altro ieri conteneva poche parole di segnalazione e terminava con una richiesta di aiuto per questa gente colpita, ma fiera e coraggiosa. Il suo blog è pieno di immagini delicate, fiori, frutti e dolcezze infinite che lei riesce a creare con le paste sintetiche e con minuziosa pazienza. Questa natura "madre di parto e di voler matrigna"( come non ricordare Leopardi?) ci terrorizza e ci affascina. Sabina su facebook parlava ieri del mandorlo che vede dalla sua finestra e che continua a fiorire, malgrado che la primavera sembri tanto lontana.Cara amica, anche se ti sembra difficile, non rinunciare ora e creare le tue bellissime cose, sono l'immagine di ciò che nella vita troviamo, malgrado tutto di bello e di poetico, l'amicizia, per esempio, e la solidarietà che in questo momento ci unisce, perché nella tua angoscia c'è anche ogni nostra angoscia, ma non possiamo rinunciare a rifiorire a guardare "sempre più in là". Anche l'amato Montale non poteva mancare, forse il Panda terrorizzto sarebbe diventato un "suo" correlativo oggettivo.
domenica 13 marzo 2011
Carnevale e poi?
KlArtॐ - Energia Creativa - découpage e non solo: Lo scempio delle 'corse a vuoto'
L'immagine è stata rubata dal blog della mia nuova amica di Ronciglione. Non sono mai stata a Ronciglione, ma il luogo risveglia un ricordo; quand'ero ancora bambina, mamma e papà zio e zia che si preparavano per andare aRonciglione a festeggiare il Carnevale.Io ero molto contenta quando la mia mamma usciva, raramente per divertirsi. Non ero gelosa, ma partecipavo ai preparativi inconsueti, un abito più elegante, scarpe da sera, gelosamente conservate per tali eventi ecc.Il carnevale per noi bambini era diverso e si svolgeva di giorno; dopo la guerra, dato lo stato non proprio florido delle finanze, i vestiti in maschera si confezianavano con la carta crespa. Mia nonna e la sua amica Renata ( che chiamavamo anche lei nonna) erano abilissime nel lavorare la carta come fosse stoffa. Ricordo la mia piccola sorella con un abito lungo da fatina e un cappello a cono in testa. Io, forse, ero vestita da damigella. Il Carnevale di quest'anno ha avuto una vittima: un cavallo morto in una antica quanto barbara tradizione, la corsa dei cavalli liberi sul duro selciato. Il"cavallo stramazzato" non è una delle immagini in cui per Montale s'identifica il "male di vivere"? Carissima Clara, condivido la tua indignazione e il tuo accorato appello, spero di aver contribuito a pubblicizzare il tuo intervento e rinnovo l'invito alle mie amiche di andare a visitare il tuo blog.
L'immagine è stata rubata dal blog della mia nuova amica di Ronciglione. Non sono mai stata a Ronciglione, ma il luogo risveglia un ricordo; quand'ero ancora bambina, mamma e papà zio e zia che si preparavano per andare aRonciglione a festeggiare il Carnevale.Io ero molto contenta quando la mia mamma usciva, raramente per divertirsi. Non ero gelosa, ma partecipavo ai preparativi inconsueti, un abito più elegante, scarpe da sera, gelosamente conservate per tali eventi ecc.Il carnevale per noi bambini era diverso e si svolgeva di giorno; dopo la guerra, dato lo stato non proprio florido delle finanze, i vestiti in maschera si confezianavano con la carta crespa. Mia nonna e la sua amica Renata ( che chiamavamo anche lei nonna) erano abilissime nel lavorare la carta come fosse stoffa. Ricordo la mia piccola sorella con un abito lungo da fatina e un cappello a cono in testa. Io, forse, ero vestita da damigella. Il Carnevale di quest'anno ha avuto una vittima: un cavallo morto in una antica quanto barbara tradizione, la corsa dei cavalli liberi sul duro selciato. Il"cavallo stramazzato" non è una delle immagini in cui per Montale s'identifica il "male di vivere"? Carissima Clara, condivido la tua indignazione e il tuo accorato appello, spero di aver contribuito a pubblicizzare il tuo intervento e rinnovo l'invito alle mie amiche di andare a visitare il tuo blog.
Chi è Molly Occhiofiorito?
Eccola qui. Per fotografarla l'ho messa a sedere nel lavandino, perché Molly è un po' irrequieta,in quanto è appesa ad una leggera molla che la fa dondolare. Non l'ho creata io, l'ho solo traformata sulla suggestione di una immagine pubblicitaria il cui l'occhio della modella era truccato col la corolla di un fiore. Anche lei abita nel piccolo bagno e con il suo occhio un po' stupito è diventata la mia immaginaria confidente. Con lei intesso lunghi discorsi, mi sfogo della noia della routine quotidiana. Odio la ripetitività di certi gesti che si devono compiere ogni giorno, riordinare, preparare colazioni e pranzi, fare la spesa. Vorrei ogni giorno qualcosa di nuovo, niente cose grandiose, per carità, ma uno spunto, una notizia, un'idea da sviluppare. Molly nella sua saggezza di psicoterapeuta ogni volta che attacco la litania degli sbuffi, mi domanda:"Da quanto tempo non sei andata al mercatino?" Certo ha ragione lei, chissà perché il mercatino esercita su di me un grande fascino, quello della scoperta. E' la stessa sensazione che provo quando passeggio in riva al mare, anche se adesso è molto difficile trovare piccoli tesori portati dalle onde, conchiglie, legnetti consumati e levigati. Al mercatino è sempre più raro trovare cose insolite, mi piace però curiosare tra le bancarelle,pescare nei banchi dell'usato alla ricerca del tesoro nascosto che non si trova mai. Qualche volta compro un paio di improbabili orecchini chandelier, che non indosserò (tra l'altro mio padre riteneva che bucare le orecchie alle neonate fosse un'usanza barbara), perché ho il complesso della gazza, tutto quello che luccica mi attrae in modo irresistibile e al mercatino si può con poco soddisfare anche un desiderio assurdo senza farsi venire complessi di colpa. Recentemente c'era una strana bancarella, mai vista, letteralmente ricoperta di sacchetti di plastica con dentro lane diverse ,residui di lavori incominciati e mai finiti. Godimento supremo! Andare a frugare nella montagna di sacchetti per scovare......., ebbene sì ho trovato due filati pregiati da accoppiare ed ora, a tempo perso sto facendo uno scialle a rete che mi costerà non più di tre o quattro euro. Non so quando lo finirò, ma dato che l'estate è ancora lontana, credo che farò in tempo a indossarlo. Cara Molly, i tuoi consigli a volte sono provvidenziali!
sabato 5 marzo 2011
La stanza del craft
Una delle mie quasi innocenti passioni riguarda la carta stampata, quella lucida e patinata delle riviste, ovviamente le preferite sono quelle di cratività, ma anche di moda. Dalla sua nascita sono una affezionata lettrice de " Le idee di Casamia alla quale si è, da due anni, aggiunto " Cucito creativo". Spesso mi capita, in cerca sempre di novità ,di comprare qualcos'altro. L'edicola mi attrae con la varietà delle sue proposte e poi, non era Molière che diceva "Je prend mon bien où je le trouve"? Il che, tradotto in termini pratici, vuol dire, colgo qua e là delle ideuzze che poi adatto alle mie esigenze. Recentemente su "Casa facile "c'era un servizio in cui si proponevano soluzioni per l'angolo del craft, ovvero creatività. Questo termine inglese, detto tra noi, non mi piace per niente, il francese "nounhours" è molto più efficace, perché con quella doppia negazione dà perfettamente l'idea di quei piccoli "niente" in cui s'identifica la gioia del creare, il più delle volte sono cose inutili, frutto della nostra fantasia, o dell'estro del momento. Ma, bando alle ciance! Sono rimasta incantata nel vedere contenitori ben allineati, ceste piene di stoffe, pannelli con boccette di colori, ordinatissimi reggicollane. La foto che vedete riprende uno dei quattro angoli della mia stanzetta di servizio, arredata con quanto avanzava dei mobili di casa, (figuratevi, c'è pure l'ex tavolo da disegno di Fabrizio di quando faceva il Liceo!) e non è propriamente un'immagine edificante. Ogni tanto ci provo, spesso con l'aiuto della collaboratrice domestica che, ovviamente, ha innato il senso dell'ordine, virtù che a me manca quasi del tutto. Danilo dice che ho modificato il noto principio di Archimede in" Datemi un punto di appoggio e io ci appoggio una cosa." Il fatto è che non riesco a seguire un hobby alla volta e che spesso convivono in bella evidenza lavori di tipo diverso. Alcuni poi sono lì incompiuti in attesa di essere finiti da un bel pezzo. Beh! anche questa è una garanzia di lunga vita, almeno spero. A volte, poi, sono colta dal raptus dell'ordine ovvero dalla fase del "butta, butta" ( vi prego non equivocate sui termini )e mi slancio in una accurata selezione di carte, ritagli, stoffe, riviste: Scopro progetti gustosi che avevo dimenticato, prodotti che credevo di avere perso, e in realtà il secchio della spazzatura si riempie, di tante cose ormai inutili, ma mi accorgo di avere eliminato solo la punta dell'iceberg.C'è poi il momento della rassegnazione, quello in cui mi accetto come sono con le inevitabili conseguenze: giorni fa per tirare giu la scatola degli avanzi di lana,è caduto a terra un tubo pieno di grossi diamanti di plastica che sono rimbalzati per tutta la stanzetta e oltre. Ne ho raccolti un bel po', ma ancora qualcuno spunta qua e là, improbabile fiore viola di un tessoro nascosto sul pavimento. Ciao, a presto!
giovedì 3 marzo 2011
Per favore, non chiamatemi Luciana
Per favore, non chiamatemi Luciana, ma secondo Danilo, Benvenuta Cellini (dei bagni); tutto questo perché, non potendo più sopportare l'orrore di una griglia di fili e di prese, ultimo regalo dell'idraulico che ha sostituito lo scaldabagno rotto, ho inventato un falso quadro, o scatola copritutto. Sospetto che l'entusiasmo di Danilo sia un po' "peloso", come certa falsa carità, perché mi aveva vagamente promesso che sarebbe intervenuto lui, come ingegnere e avrebbe rimesso a posto tutto. Ora si sente esonerato dall'impegno preso. Ingredienti della mia creazione? Due farfalle di origine diversa, due figure femminili ritagliate da vecchie,(dovrei dire antiche? Sono del 1902 )cartoline, quelle che il bisnonno Francesco scambiava con una sconosciuta Josephine forse a scopi di collezionismo, oso sperare, dato il beneplacipo della bisnonna Virginia. E ancora qualche voluta liberty, un rametto di orchidee. Beh! ci vuole poco, visto l'horror che c'è sotto. Il fatto è che questo "mio" bagnetto( quello grande è notoriamente dei maschi di casa), ovviamente anche di servizio, sembra perseguitato dalla sventura. Durante i lavori al piano di sopra il soffitto è stato sfondato per ben due volte,per cui l'ho dovuto svuotare di tutte le strane cose che sono attaccate alle pareti. Via le bambole! Non c'è solo Mattilda reggirotolo,ma anche Monella reggicollane. ( Lo sapete? litigano sempre tra di loro perché Mattilda si sente un po' complessata e vorrebbe scambiare il suo ruolo con la compagna.) C'è anche Molly Occhiofiorito, di cui pubblicherò presto la foto; le ho abbribuito il ruolo impegnativo di psicoterapeuta, dato che mi confido con lei quando ho le paturnie. E poi? Collane e quadretti con foglie varie, insomma fiori e bambole e collane..... Non è una piccola sintesi di cose che mi piacciono? Ebbene, a quanto pare oltre al fatto di dover ospitare straccio e scopettone, nonché qualche detersivo, a quanto pare c'è sempre qualcosa che turba la precaria armonia del mio angolino di toilette. Spero adesso di trovare un po' di pace e potermi dedicare a qualche altra rifinitura creativa, dato che di toppe da inventare in questa mia casa ce ne sarebbero parecchie. A proposito di creatività, perchè non visitate il blog della mia nuova amica, è veramente interessante e ricco di idee. Lo trovate cliccando sulla sua immagine, riconoscibile tra i miei lettori. Ciao e buona giornata!
domenica 27 febbraio 2011
Import - Export
No! non ho messo su una ditta di import-export, non è nel DNA della mia famiglia fare soldi con attività commerciali e poi non ho più l'età,né la voglia di lanciarmi in simili imprese. La bambolina che vedete viene da Viterbo con altri pelouche e qualche indumento da neonato ed è destinata a fare un viaggio lunghetto, fino in Ucraina per raggiungere André, Sasha e Anastasia e lì ricevere coccole. Mi piace immaginare questo scambio tra Ginevra, riccioli castani e ribelli, anni quattro e una coetanea bionda che parla un'altra lingua.E' il simbolo della fratellanza che dovrebbe unire gli esseri umani. I tre bimbi sono i nipotini di una bella signora che ha sostituito la mia Liuba per quindici giorni. Ed è stata subito amicizia e affetto. La bella signora, emigrata anche lei in Italia per motivi economici, lavora duramente e seriamente, ha già imparato parecchio della nostra lingua ed è stata felice del regalo per i suoi nipotini. L'export è diventato una delle mie passioni; per Liuba che voleva portare cibo italiano ho preparato carciofi romaneschi già capati ad hoc e pronti per essere cucinati. Non è una bella novità? Adoro le piccole cose nuove che sono il sale quotidiano della vita, quel pizzico di sale che dà sapore alla monotonia di tanti giorni, spesso troppo uguali e scontati.Così ho esportato marmellata di limoni, capperi di Linosa, olio al peperoncino e.. non so più che altro. Cosa ho importato? Anzitutto il piacere insostituibile della condivisione, ( non ho detto che "condividi!" è il mio imperativo categorico?) e poi il borsch (minestrone molto sostanzioso, cibo nazionale di un paese molto freddo,matrioske ( adoro le bambole per chi ancora non lo sapesse), e un uovo di Pasqua tutto coperto di perline e il favoloso aneto, spezia poco conosciuta qui, che dà un sapore particolare a certi piatti un po' anonimi ( vedi per esempio patate al forno).Liuba è tornata:mi piace sapere che ha festeggiato il suo compleanno con vino italiano, spaghetti alle melanzane, frittata di zucchine, sono felice che i carciofi siano giunti perfetti dopo un faticoso viaggio di quasi due giorni in pullman e che suo marito li abbia molto apprezzati. Adesso mi domando cosa altro potrei esportare? Questo "gioco" mi piace moltissimo.
martedì 22 febbraio 2011
Indignatio facit versus
...ovvero " I miei versi nascono dall'indignazione" , anche il mio blog che da tre giorni mi sta ronzando in testa come un calabrone impazzito. Cominciano con ordine, ovvero dalla Torre di Babele, dalla grande confusione di lingue, ma quel ch'è peggio, di ruoli. Una ex insegnante in pensione non può fare a meno di essere ferita da tante smarronate che si colgono qua e là ,anche casualmente nel linguaggio usato in televisione; parole che camiano sesso, " una frangente" è l'ultimo fiorellino colto mentre facevo la spola tra cucina e camera da pranzo e Danilo vedeva il telegiornale, confusione di verbi ( non saprei elencare quanti usi impropri del congiuntivo e del condizionale ), false attribuzioni come " La calunnia è un venticello " chissà perché diventata di Goldoni, che ha scritto non so quante commedie, alcune bellissime, e per sfida contro i suoi detrattori ben sedici in un solo anno, ma non ha scritto "Il barbiere di Siviglia" E pensare che in quel momento condividevo quanto il politico in questione stava dicendo, anche se non riscuote sempre la mia simpatia. Ahimè "le parole sono pietre", possono ferire duramente chi per mestiere ha l'orecchio esercitato a cogliere, suo malgrado, certi delitti. Sia ben chiaro:non sono una purista, non mi scandalizzo se nel dominio dell'Hi-tech si parli ormai in inglese, né se vedo scritto "Steakhouse" a patto che nel locale si servano vere bistecche americane e non fiorentine, che sono, ovviamente, un'altra cosa. Del resto la nostra pizza è universale, come gli spaghetti, e per parlare di altri "domini linguistici" più nobili gli spariti musicali ovunque recano le note " allegro, piano, pianissimo ecc. e nessuno si sogna di tradurli. In un catalogo di Santafé (New Mexico) fornitomi dall'amica Jsavel, ho trovato " fresco " e " buon fresco" per indicare la pittura murale. Mi scandalizzo quando i termini inglesi sono usati per prendere la gente per i fondelli; così ti ammanniscono telefilm già fatti spacciandoli per "rewind" e le puttane, più o meno d'alto bordo, sono diventate " escort", come se in questo modo venisse nobilitat un mestiere antico quanto il mondo. Quella comunque più dura a digerire è la confusione dei ruoli. Niente da eccepire sul fatto che l' unità d'Italia sia celebrata anche a Sanremo, una nazione si riconosce in tutti i suoi cittadini, ma che l'inno nazionale non sia cantato festosamente, gagliardamente da un coro, magari quello dei cantanti presenti, ma sia borbottato con voce piana e roca dal un guitto questo no! Eppure il guitto in questione ha dimostrato si saper essere un bravo e sensibile attore ( magari non da Oscar), ma in questa fase non ha fatto altro che lo " scurra" che con le sue scurrili battute non fa ridere proprio nessuno, se non il pubblico in sala, probabilmente " addomesticato" più del cavallo bianco su cui si è presentato sulla scena. E questo guitto monta in cattedra e ci insegna ( bontà sua ! ) che Mameli aveva vent'anni quando ha scritto il suo inno e quando poi è morto sul campo di battaglia. E tu questo inno non lo gridi ai quattro venti con tutto il fiato e la speranza e la fede di un giovane di vent'anni? E il pubblico che fa? Si commuove, dicono, e batte le mani. Ma non c'è un telefono , non azzurro, non rosa, magari nero come il mio umore, a cui appellarsi per difendersi da simili diseducative disgrazie? Caro Benigni, lascia perdere il Risorgimento, lascia in pace anche Silvio Pellico e le sue prigioni che non hanno niente a che vedere, ma c'è bisogno di dirlo?, con quella in cui vorresti rinchiudere Berlusconi. E questa è celebrazione dell'unità d'Italia? Ovviamente, dato che sono malata di letteratura mi viene in mente il nostro Divino Poeta, che sapeva bene chiamare le cose col loro nome, che sapeva anche amaramente ridere delle sue disgrazie (quale capolavoro di comicità il canto in cui sono puniti i "barattieri" e lui che aveva le " mani pulite" era stato acusato di baratteria!): mi piace immaginare che di fronte a tanto scempio della sua bella Italia avrebbe riscritto l'invettiva di Sordello e forse, in mancanza di pergamena, avrebbe tranquillamente anche usato un rotolone Regina, anche se non so con quale penna. Ci avrebbe riso sopra,avrebbe tirato fuori una delle sue famose battute, ma poi non avrebbe risparmiato nessun denigratore di questa Italia "serva" ormai soprattutto dell'ignoranza, nessun scialacquatore dei tanti tesori di cui dobbiamo andare fieri.
Care amiche scusatemi, la prossima volta sarò più buona,ma certe cose non riesco proprio a digerirle!
Care amiche scusatemi, la prossima volta sarò più buona,ma certe cose non riesco proprio a digerirle!
venerdì 4 febbraio 2011
Affascinata dai colori
Ebbene,sì, sono affascinata dai colori,non solo quelli della natura, delle piante, dei fiori, le stupende orchidee di Anna, le superbe rose di nonna Andreina nell'aiuola di Colle Romito. No. non solo quelli, ma anche i gomitoli di lana; quando vado in merceria, per fortuna non troppo spesso, non posso fare a meno di pescare nel cestino degli "scampoli": ho una piccola collezione di filati particolari, variegati, pelosi o lucidi, di diversa consistenza, in attesa di..giudizio, o meglio di utilizzo pratico. Alcuni hanno trovato un impiego, altri stanno là solo per essere palpeggiati, guardati e..goduti per quello che sono. E i colori delle carte da gioco? e dei mazzi di tarocchi?,delle stupende fishes da pocker di cui ho ereditato un intero sacco, quello della mia mamma... I colori delle stoffe con cui ho fatto questi cuscini "long strips", so benissimo che starebbero meglio nella stanza di un bambino, allegri e colorati pouf, ma perché privarmi del puro godimento che provo qundo li guardo?.. Non mi vergogno a dirlo; a Colle Romito ho un sacchetto dove ho conservato tanti, non so quanti accendini, quelli "usa e getta". Sicuramente un giorno ne farò un quadro avveniristico, tanto per i gusto di accostare i colori. E i nomi dei colori non vi dicono nulla? Non penso a quelli famosi, il verde Veronese, i gialli di Van Gogh,o alle definizioni classiche, il blu cobalto,il giallo di Napoli, (stupendo perchè ha delle sfumature tra l'arancione e il pesca, ma " al color can che fugge" che per la mia adorata nonna era un colore indefinito,all'ormai rinomato "bejolino", nonché al "rosso pompiere" di Jsavel. Ogni sentimento ha un colore, ma qui il discorso diventa spesso ambivalente, il mio amato giallo, quello dei girasoli (Portami il girasole impazzito di luce) o di certe varietà di rose, è anche il colore dell'invidia e della gelosia, invece tra i miei numerosi difetti, questi proprio non ci sono. Che colore ha la rabbia? Per molti il rosso cupo, per me, invece, quello livido di un muro di cemento, perché troppo spesso non la posso o non riesco a sfogarla. E le novità, non quelle importanti, le piccole cose nuove che spesso spezzano la monotonia di alcune giornate. che colore hanno? Per me il verde delle " fogliette pur mo' nate". Lo so, lo so, Divino Poeta, tu pensavi alla Speranza, ma la novità anche piccola non apre il cuore lo stesso? Alzi la mano chi non ha pensato a qualcosa di bello, vedendo un moscone ronzare nella stanza? o quando si mette il pullover a rovescio? Innamorata dei colori, innamorata del patchwork di cui so fare poche semplici cose e in modo molto rudimentale, niente tappeto rigido, niente rondella tagliastoffa....ma mi affascinano le complesse figure create con tanti piccoli pezzi. Il Seminole con le sue molteplici varianti e la leggenda che lo riguarda. Si dice che gli indiani di una riserva avessero chiesto stoffe per indumento e che il governo gli Stati Uniti ( sempre molto tenero nei loro confronti) abbia inviato pezze di lunghissime strisce, impossibile da utilizzare; ebbene proprio con quelle strisce i Seminole hanno creato bellissimi capolavori. E la nostra vita quotidiana non è un patchwork? Un tappeto di molti colori,"crazy" però,cioè pazzo con mille pezze di forme diverse, accostate spesso a caso. Niente a che vedere con i centoni in cui le strisce, che poi formano i quadrati, seguono un'alternanza ben precisa. Ho letto anche che alcuni centoni erano di proposito confezionati con un errore, un quadretto messo nel posto sbagliato. Si mettevano sul letto dei bambini, quando stavano male; quando il bimbo scopriva l'errore,allora guariva. Mi viene in mente che se riuscissimo a scoprire l'errore ( o i tanti errori) nel nostro patchwork personale, forse anche noi guariremmo del "male di vivere". Non è così?
martedì 1 febbraio 2011
La jurnata è nu morso
Anna, attenta e sensibile lettrice, ha scoperto questa frase in " Montedidio" di Erri De Luca; ci stavo ripensando mentre mi domandavo come mai è passato tanto tempo dal mio ultimo blog. Giornate veloci, divorate in un boccone, un morso appunto.. Già, ma il problema è che mi è venuta in mente un'altra immagine, quella della caramella "tuttigusti" di Harry Potter. Questo morso ha mille sapori e non tutti dolci: c'è l'amaro delle lacrime , il piccante del pettegolezzo,l'amarevole del ricordo che ti assale all'improvviso, il nauseabondo di certi fatti di cronaca che i media ti riversano addosso come un secchio di spazzatura nel cassonetto ( senza raccolta differenziata). Ma pensiamo solo al bello e qui un'altra amica mi aiuta, Jsavel con il suo motto ungherese :" Anche la regina ha bisogno della sua vicina" , Sui rapporti di vicinato ci sarebbe molto da dire, si sa che non sempre sono rosei, anzi spesso motivi di grandi ........ ( ometto per pudore la parolaccia).Ho "scoperto" qualche giorno fa una vicina a dir poco deliziosa. Sono andata a trovarla. perché la contessa Donatella mi aveva promesso la ricetta del suo budino tropicale. Mi aspettavo un'oretta di esperienze gastronomiche, cosa peraltro piacevole e stimolante, invece siamo partiti alla grande con un dizionario etimologico delle lingue indoeuropee ( sanscrito greco e latino ) che ha risvegliato la mia cultura classica, quella dell'università per capirsi, non quella delle lezioni di scuola. E' vero che il tuffo nella cultura è stato accompagnato dal dolcissimo sottofondo di una " falsa cassata siciliana", dolce incredibilmente buono e facile da realizzare. Abbiamo convenuto che per espiare questo peccato di gola avrei dovuto mettermi in ginocchio sui ceci,( purché ben cotti). Il più bello è venuto quando, a mia richiesta, ha cominciato a mostrami i suoi incredibili ricami. Mi aspettavo punto a croce, mezzopunto,o quant'altro possa servire per fiori, paesaggi,immagini varie, invece.. le illustrazioni di Archéo tradotte a punto ombra. Ogni tavola, è proprio il caso di chiamarle così, era una lezione di archeologia, impartita con una voce dolce e suadente. Così scoprivo cose note, il Dio Anubi che porta l'anima nel regno dei morti e del tutto ignote, che anche il cavallo è "psicopompo" cioè ci porta laggiù alla fine della nostra vita. Difficile dire se mi ha colpito di più la testa intagliata che era in realtà l'ornamento di un'arpa o il giovane Efebo inginocchiato con la sua lepre, Già perché a quanto pare non si sprecavano molto nel fare doni ai loro "compagni" di letto. Due rimpianti, quello di essermene andata troppo presto,( il pranzo da preparare ) e di non aver portato la mia macchina fotografica. Spero di tornarci presto e di riuscire a fare delle buone fotografie che voglio condividere con le mie amiche assieme alla ricetta del"budino tropicale", o preferite la "falsa cassata siciliana"? Grazie mia preziosa vicina!
domenica 9 gennaio 2011
Grouchy Panda
Ovvero " Panda ingrugnato ", la traduzione non sarà proprio corretta, ma a me piace per consonanza con l'originale. E' un regalo di Sabina e sta lì da Natale sul tavolino di "nonna Speranza", ogni tanto ci guardiamo e da un po' di mattine mi sento in perfetta consonanza con lui. Veramente non dovrei, ma ai setimenti non sempre è facile comandare, anzi quasi mai, ancora peggio con le sensazioni sottili e perfide che si insinuano e non riesci a mandare via. Caro Panda perché sei ingrugnato? Probabilmente pensi a questo mondo pazzo che minaccia di estinzione la tua specie; non sei il solo. Tante cose belle sono in estinzione e non sempre sono sostituite da cose altrettanto belle e confortanti. Anche io in certi momenti sono in guerra con il mondo intero. Vi ricordate "rubabandiera"? Ogni bambino impersonava una nazione e quando un altro dichiarava guerra, cominciava un inseguimento per tubargli la bandiera. Mi domando: oggi quale bambino vorrebbe impersonare la Cina? e quale la Romania? E quale il Sudan o l'Algeria, o la Serbia? Eppure io una guerra privata con la Cina la sto facendo, non compro più un prodotto made in Cina ormai da lungo tempo. Se fossimo molti, ma molti di più forse lo sconcio dei prodotti inquinanti e inquinanti finirebbe. Lasciamo la parte le grandi guerre. Fa presto Sabina a dire :"diventiamo nuovi noi e qualcosa di nuovo succederà" Non mi è così facile come potrebbe sembrare. Cosa potrei fare di nuovo? Marina scherzando ha detto:"Non sono mai andata in Australia, non ho mai abitato in un castello..." Beh! Io non sono mai andata all'Ikea, non ho mai visto Euroma2 e l'elenco potrebbe continuare. Non che io abbia una passione per i megastore, sono faticosi ,caotici e dispersivi. Datemi una piccola bottega dove trovare qualcosa di nuovo e di sfizioso. Datemi un vecchio emporio, dove c'è di tutto e di più, ridatemi il "mio vecchio mercatino", quello che la maledetta Nuvola ha costretto ad emigrare verso la metropolitana e che , salvo una bancarella, non è più quello di una volta. Raramente ci trovi qualcosa di veramente appetibile, quasi tutto è dozzinale, dejà vu, o "made in China. Ebbene, c'è o non c'è di che essere ingrugnati? Scherzi a parte, non siamo noi che dobbiamo cambiare è qualche cosa che viene dall'esterno, è il "visiting angel", l'angelo messaggero di buone notizie che può dare una svolta, magari anche piccola, che può intaccare un granellino della grande muraglia che ci divide dai nostri desideri, quel granellino che si sgretola e diventa sempre più grosso, diventa una valanga che spazza via tutto; oppure è il raggio di sole che penetra tra le nubi e ti dice:"non temere, io sono qui, anche se nascosto" ( manco a dirlo anche oggi Oregon promette pioggia..uffa!) Per tutto il resto bastano i miei milleeuno hobby, basta un buon libro e ancora meglio quello che mi consigliava il caro, ineffabile Nazareno con la sua olimpica serenità, quando andavo a scuola di malumore:" Cara Luciana, qui ci vuole un bicchierino di MENINPIPPO!" Ovvero, buttare il malumore dietro le spalle e tirare avanti,ci si può provare, qualche volta riesce, magari con l'aiuto di una buona tazza di caffé. Quello che mi accingo a prendere adesso.
giovedì 6 gennaio 2011
arrIvederci Babbo Natale
E arrivederci anche a te, Cara Befana, che con le tue scarpe rotte e il vestito con le toppe sei molto più in linea con i tempi attuali. Non pubblico la tua foto, cara cugina povera di Babbo Natale, che viaggi su di una scopa invece che in una slitta trainata da veloci renne volanti, non pubblico la tua foto perché già stai lì nell'intestazione del mio blog. Quando ti ho creato servendomi di pezze e calzini di recupero, credo tre anni fa,ti ho tenuto per lungo tempo sul mio tavolino rotondo, vicino alla mia poltrona, ribattezzata di "Nonna Speranza" da Danilo. Ogni tanto ti davo un colpetto affettuoso sulla testa per ricordarti che dovevi esaudire un mio grande desiderio, ma niente! Ora sono un po' delusa, ti voglio bene lo stesso, ma....
Bando alle ciance, il mio umore stamattina è quello del "circo dopo lo spettacolo", quello delle feste finite e delle care, sempre vecchie e sempre un po' nuove decorazioni del Natale da riporre. Non ci posso fare niente, quando devo mettere via l'Albero di Natale, sento un qulcosa che si smuove dentro di me, mi viene quasi da piangere. E' vero che di ogni Natale rimane sempre qualcosa per casa che non voglio archiviare per il prossimo anno, qualcosa che mi ricordi che lo spirito di grande condivisione e di grande speranza del Natale deve durare tutto l'anno. Ma ... c'è sempre un ma, c'è sempre un tuttavia... con la routine quotidiana ritornano le vecchie battaglie, i problemi irrisolti, momentaneamente accantonati, le piccole grandi rotture quotidiane, qualcosa di nuovo? Per ora non se ne parla. Allora per iniziare la giornata è meglio ricordare qualcosa di bello; la visita di Nanda e di Lidia, ritrovare con loro i vecchi tempi, altre Vigilie della Befana, quando a mezzanotte con fazzolettone in testa, grembiule e scopa, nonché grande calza in mano ditribuivamo e scambiavamo doni, ritornando tutti un po' bambini, com'è giusto che sia. Chissà cosa avrebbero pensato i nostri alunni vedendoci. Pronti tutti noi, Preside compreso, a rientrare due giorni dopo nei nostri ruoli abituali,( mai che sia capitato in tanti anni di ritornare a scuola il 10 gennaio!) Ebbene c'è ancora tanto di buono da godere se ci sono amiche così, con le quali ci si ritrova come se non fosse passato un anno dall'ultimo incontro. Allora, Cara Befana, anche se per motivi di spazio ti ho collocato sul pouf nell'angolo del salone ( dove peraltro stai in buona compagnia)non ti dimenticare di me, del mio, anzi dei miei desideri, datti un po' da fare. Intanto io mi preparo ad inziare la mia giornata con due camicie che reclamano un bottone del colletto, un albero di Natale da riporre,(sob|), la spesa da fare e mille altre scocciature quotidiane, compreso inventarsi qualcosa di ipocaloico da mettere in tavola. Tuttavia.....
martedì 4 gennaio 2011
Piccolo decalogo di sopravvivenza quotidiana
Con l'immagine della mia scopetta personale,( non sono forse la Befana Lucibimba?), pubblico il mio decalogo, meditato in questi giorni di buoni propositi.
I- Fare o programmare ogni giorno qualcosa di utile o piacevole per qualcuno.
II-Dire una preghiera per chiunque in qualsiasi momento ne ha bisogno.
III-Convincersi mediante trainig autogeno (chi ci riesce) o autoipnosi che le faccende domestiche sono ,oltre che necessarie, anche creative e gratificanti ( ivi compreso l'odiatissimo spolvero.
IV - Buttare ogni giorno qualcosa che non serve più ( anche i desideri che non son stati realizzati).
V - Recuperare, riciclare, riutilizzare qualcosa.
VI - Regalare qualcosa a chi può servire più che a te.
VII - Evitare che il volume degli oggetti, libri, giornali e riviste che entrano in casa sia superiore a quello degli analoghi oggetti che vengono rigorosamente epurati.
VIII- Riordinare un cassetto o uno scaffale al giorno.( Ce n'è da fare fino al 3001)
IX - Dedicare almeno un'ora al giorno al proprio hobby preferito del momento.
X - Scacciare con ogni mezzo possibile ogni pensiero molesto e angoscioso su problemi che non si possono risolvere e battersi come leonesse per quelli che, invece,sono ostacolati dalla pigrizia e dalla noncuranza.
NORME TRASITORIE E FINALI, valide fino al raggiungimento dell'obiettivo prefisso:
1- Evitare cibi ipercalorici per smaltire chili in eccesso dovuti alle festività . (Amato panettone nel caffellatte, Addio!)
2- Fare almeno tre giri dell'isolato a passo spedito sempre per il motivo di cui sopra.
3 - Ridurre il consumo delle sigarette.
4 - Rirdinare la stanzetta dei lavori perché assuma un aspetto decente.
5 - Mettere a posto Albero, Presepe e decorazioni varie con rigoroso criterio selettivo.
Non so se ho detto o pensato tutto, voi la scelta e la modifica di quanto sopra e Buon 2011!
domenica 2 gennaio 2011
Capodanno tra nostalgia e speranza
"Nostalgia, nostalgia canaglia che ti prende..." quando inizia il nuovo anno a
mezzanotte e il cielo si fa di mille colori e la memoria si riscalda con i
giochi delle feste passate, la casa illuminata a giorno, la tavola profumata di
torrone e mandarino, gli squilli del telefono che, immancabile, ti annuncia
voci che vengono da lontano, voci che oggi senti solo nel cuore, ma riempiono
il vuoto di anni e l'assenza diventa presenza, viva e reale, forse ancora più vera senza la fisicità ingombrante che è nostro retaggio. Eppure gli occhi vorrebbero
vedere e le braccia abbracciare, e sentiamo tutto il dolore di Odisseo
nell'Ade, e vorremmo la nostra oscurità terrena invece dell'abbagliante luce
dell'eternità. Ma forte,pressante e irrinunciabile è anche il richiamo della
libertà assoluta, senza i limiti dello spazio e del tempo e allora guardiamo in
alto e dentro nel profondo, e speriamo.
Così Marina,sul nuovo anno a commento del mio blog. Io condivido e voi?
mezzanotte e il cielo si fa di mille colori e la memoria si riscalda con i
giochi delle feste passate, la casa illuminata a giorno, la tavola profumata di
torrone e mandarino, gli squilli del telefono che, immancabile, ti annuncia
voci che vengono da lontano, voci che oggi senti solo nel cuore, ma riempiono
il vuoto di anni e l'assenza diventa presenza, viva e reale, forse ancora più vera senza la fisicità ingombrante che è nostro retaggio. Eppure gli occhi vorrebbero
vedere e le braccia abbracciare, e sentiamo tutto il dolore di Odisseo
nell'Ade, e vorremmo la nostra oscurità terrena invece dell'abbagliante luce
dell'eternità. Ma forte,pressante e irrinunciabile è anche il richiamo della
libertà assoluta, senza i limiti dello spazio e del tempo e allora guardiamo in
alto e dentro nel profondo, e speriamo.
Così Marina,sul nuovo anno a commento del mio blog. Io condivido e voi?
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