Powered By Blogger

martedì 26 luglio 2011

Hieme et aestate

Mi è giunto per email questo scritto di Sabina, penso che meriti di essere letto, non credo di essere parziale perché è mia figlia.
Hyeme et aestate



Per uno strano caso, sono tornata a Venezia dopo vent’anni due volte di seguito, una d’inverno e una d’estate. Venezia d’inverno ha un fascino particolare e suggerisce pensieri che non se fossi lì non ti verrebbero in mente. Luca ha realizzato il mio desiderio di sempre, quello di un giro in gondola. Era quasi buio, tra i canali, e le case erano avvolte nella nebbiolina della sera. Si sentiva meno Goldoni, parlava di più Jago. Ma tutto è stato spazzato via quando ho visto la casa di Marco Polo. Semplice, di mattoni rossi con la croce sul davanti. Rispetto alle altre case, con le finestre ad ogiva da racconto delle fiabe, è una casa povera, ma della povertà delle chiese romaniche. Immobile nel crepuscolo, merita lei il titolo di serenissima, perché con la sua semplicità ha vinto sul tempo, perché è ancora abitata, ancora viva e non è monumento. E l’ ho vista come deve averla vista Marco Polo prima di partire, perché, secondo me, è partito d’inverno al crepuscolo. E si è voltato indietro, forse ha avuto un dubbio, si è chiesto perché partire, ma non poteva più tornare indietro.

Quando sono tornata in estate, al ritorno dallo shopping, io e Fulvia abbiamo preso il traghetto da Piazza San Marco e l’abbiamo cercata per tutto il tragitto. Questa volta aveva in faccia il sole abbagliante del tramonto estivo, e se d’ inverno la casa mi ha regalato lo sguardo della partenza, d’estate mi ha regalato lo sguardo del ritorno. Tornare dopo un viaggio durato come una vita e trovare tutto com’era tranne te stesso, ma senza nostalgia senza rimpianti, con la certezza di aver speso bene il proprio tempo e ti accorgi che te ne avanza ancora parecchio. Quella di Marco Polo non è l’unica casa che ho visto, perché andando a Burano, nella laguna ho visto quella di Porzia, d’inverno non è stato possibile a causa del diluvio torrenziale. La casa di Porzia è su una di quelle isole piccolissime, e la prende quasi tutta. Ormai diroccata conserva ancora l’arco di accoglienza, quella davanti al pontile dove, finalmente ha attraccato la nave di Bassanio, nel muro diroccato c’è ancora tutta la gioia del compimento di un destino benigno. Triste seppur bellissima sia d’inverno che d’estate, invece, è la casa di Desdemona, le finestre sono un merletto bianco su cui l’umidità sembra non averla avuta vinta, i pali davanti sono azzurro e oro anch’essi sempre ben dipinti. D’estate e inverno la casa sembra chiedere ancora giustizia per la sua padrona.

Prima di partire siamo uscite io e Fulvia per andare a comprare dei giornali e imbucare le cartoline, l’estate arriva subito a Venezia o sulla laguna, con solo trenta gradi il sole già picchia sulla testa, ma quella mattina c’era un’arietta fresca. Sul fondo della banchina, dove stava l’albergo, ci sono tanti negozi, tra cui un grande ufficio delle poste che vendeva libri. Questa parte di Venezia mi ha colpito molto, forse perché alla fine del molo c’erano i traghetti per le isole e il resto del mondo. Davanti le gru per scaricare le merci dalle barche, alle spalle il treno. Ho trovato un bel libro rosa, nuovo e mi sono immaginata di aver abitato sempre lì e non a Roma. Sarebbe stata quella la mia cartoleria, e dopo i compiti sarei andata a comprarmi il libro. E nel calore estivo ho immaginato mio nonno che usciva da una di quelle case antiche con il suo cappotto nero e il cappello con la piuma che mi piaceva, nel pomeriggio invernale come faceva sempre alle cinque. Mi sembra di averlo quasi toccarlo, con la tipica andatura dritta, con la testa inclinata davanti per non farsi portare via il cappello dal vento che c’era sempre all’angolo tra viale Asia e viale Shakespeare. Lascio libro, voglio che resti a Venezia, affinché mi ricordi da lì questo momento, in cui inverno e estate, lontano e vicino, passato e presente, ricordo e fantasia sono solo parole. Hyeme et aestate, et prope et procul.

Già sul treno del ritorno avevo in mente l’organizzazione del diciottesimo compleanno di Fulvia. Non ci sarebbe sta più in casa una bambina, ma un’adulta. Il prossimo anno avrebbe finito la scuola. La pensione di alcuni miei colleghi che avevo avuto con me da sempre. Mille pensieri e sensazioni volavano nella mia testa come fanno gli uccelli quando per sbaglio sono entrati in una casa, e nel tentativo disperato di uscire sbattono contro le pareti, ma io sapevo cosa fare. Appena sono andata a trovare mia madre ho chiesto di darmi la croce che la signora Lina mi aveva regalato per la mia prima Comunione. E’ semplice come la casa di Marco Polo, da allora la indosso tutti i giorni perchè rappresenta fortezza, consiglio, giustizia e temperanza, cioè una saggezza antica impregnata di fede, che nei miei antenati era rappresentata in sommo grado. Per questo era stata regalata ad una bambina che faceva la prima comunione. La porto sempre con me come memoria di preghiera, preghiera di fare giorno dopo giorno la cosa giusta, preghiera di saper affrontare il nuovo con fede e speranza, preghiera che la loro gioiosa saggezza arrivi fino a me, e rimanga con me per sempre. Hyeme et aestate et prope et procul, usque dum vivam et ultra.

martedì 12 luglio 2011

Di luglio

Posted by Picasa
Ecco il commento di Sabina al mio ultimo blog:
Anche io preferisco l’inverno. Del resto tutte le favole sono ambientate d’inverno. Mi piace molto il castello. In questo momento poi l’inverno passato assume un ruolo fondamentale: il prossimo non sarà uguale a questo, unico ed irripetibile per tante cose. L’ultimo anno di scuola di Fulvia, l’operazione di Luca con il corollario della tua venuta. E poi altre cose: la correzione della parte di storia la mattina presto, la tesina fatta a giugno, prima volta dopo tanto tempo che vieni senza operazioni. Penso che non farò più matematica con Fulvia, Luca non userà più il curvilineo per spiegarle fisica e le funzioni…. Ma io lascio che le ondate di emozioni spazzino il mio cuore, sono momenti di cuspide che vanno goduti anche perchè è in questi momenti che nelle favole arriva la fata madrina, il deus ex machina, il fatto che non era necessario….”

Tornando alla tesina di Fulvia solo il mare rende sopportabile l’estate..

Bacioni

Sabina
Ecco è proprio quello che volevo dire; avevo già preparato l'immagine del mio blog, quando è giunta l'email di Sabina che non era riuscita a postare il suo commento. Anche io pensavo al mare, alla meravigliosa sensazione che provi quando ti immergi in acque profonde, sì, profonde.. Amo il mare che ho conosciuto nella mia prima giovinezza, quello delle isole Eolie, non ancora contaminate dal turismo. La spiaggia di sassi dove i primi giorni non potevi  camminare e arrivavi fino a dentro l'acqua con le ciabattine che poi, con lancio sicuro venivano gettate sulla riva, quel mare dove dopo pochi passi non hai più piede e vieni dolcemente sostenuto dall'acqua, o nuoti fino allo scoglio sommerso più vicino dove ti appoggi facendo attenzione ai ricci . L'aqua è cristallina, trasparente non temi l'inquinamento, non ci sono in giro motoscafi. Le esplorazioni si fanni in barca a remi e se si vuole sostare per fare merenda in qualche cala solitaria con i propri amici , ci si porta una mezza colonna di ghiaccio, avvolta in un telo intorno alla quale si collocano le bottigliette delle bibite. C'è il gusto della scoperta e soprattutto l'abbraccio dell'acqua ; ti senti padrone del mondo e ti abbandoni senza problemi ( e poi i problemi dei 16 o diciassette anni svaniscono presto, quando si è in buona compagnia a contatto con la natura.) Non credo che riuscirò mai più a provare quelle sensazioni, so solo che riuscirei a immergermi nell'acqua ( quanti anni sono che non faccio un bagno di mare ?) solo se trovassi qualcosa di simile, non certo in una spiaggia ( solo l'idea della sabbia infuocata mi fa inorridire) forse al Circeo dove la lingua di sabbia è piccola e stretta e dove trovi subito l'acqua abbastanza profonda da coprirti e e cullarti . Forse prima o poi ci riuscirò perché qualche volte tornare alle origini fa bene. Ti aiuta a "svuotarti di ogni lordura" e ad affidare al mare per pochi momenti il fardello delle piccole o grandi pene quotidiane. A presto.

domenica 10 luglio 2011

Un castello magico

Posted by Picasa

Non sono io l'autrice di questo castello di cartone; è mia sorella Marina che lo ha realizzato per la sua inarrestabile nipotina di quattro anni che è sempre in cerca di nuove avventure. E' facile indovinare gli ingredienti una scatola grande di cartone, e supporti di cartoni degli asciugoni, nonché altri cartoncini arrotolati a forma di cono; il castello non è finito, manca ancora una torre più grande, ma è bello anche così e mi fa sognare. Ho voglia di fiabe e di fantasia, sto morendo di caldo e noia. Sì, mi annoio anche se poi, trovo sempre qualcosa da fare o da realizzare, magari finire qualche lavoretto incompiuto , o sbizzarrirmi in borse e borsine ( la mia mania del momento), malgrado ciò, non posso fare a meno di annoiarmi, perché vorrei qualcosa di nuovo e di diverso: sarà la sindrome del post esame ( ovviamente quello di Fulvia) ? Anche Marina lì per lì ha detto:" e adesso che facciamo?" Forse è vero che i prof. lo sono ad aeternum, forse è anche vero che ritrovare i "vecchi e mai sopiti amori di sempre"e condividerli con chi amiamo non è cosa da poco. Quando ho detto a Elena che Fulvia voleva iscriversi alla Facoltà di Lettere è stata felice, anche lei ha ritrovato nella sua amica qualcosa di simile a sé. E allora tuffiamoci in questo mare di ricordi , in mancanza di altre acque vere in cui buttarsi in questo caldo opprimente. La mia estate non è quella di D'Annunzio ( chi non ricorda la pioggia nel Pineto? Nè quella, forse meno nota, di Cardarelli "Stagione dai densi climi, ci si sveglia come in un acquario.." E' quella di Ungaretti ( se dovevano tirare fuori qualcosa alla Maturità perché proprio una lirica che non mi piace per niente e che non sembra nemmeno sua?) : " Quando su ci si butta lei si fa di un triste colore di rosa/ il bel fogliame" o quella di Montale con il" rovente muro d'orto" e "la foglia riarsa"..Non la facciamo lunga! ( mi sembra di sentire mia madre che me lo dice) prima l'estate era un'altra cosa, ora non la sopporto più, sono anche io riarsa e aspetto un po' di frescura, non quella del ventilatore, o forse sono solo stanca.L'ho detto, ho voglia di favole.... e se riprendessi in mano la storia di Apo?

mercoledì 6 luglio 2011

Alba prima degli esami

L'ora del blog non conta; è veramente dall'alba che sto meditando sulle mie sensazioni; gli esami di maturità, quelli della mia adorata nipote Fulvia, le ansie di una nonna + tante altre ansie che condivido, quelle di mia figlia Sabina, di mio generpo ecc.. "Ogni ora prossima è antica " dice il poeta, ovviamente Montale, chi altri? In ogni esame di maturtà tanti altri, non i tuoi , cara Gelmini, che , a quanto pare, fingi di ricordare e fai una grande confusione, a quanto dicono. Quando mai un tema poteva mettere insieme crepuscolari e Fogazzaro? Cosa mai ricorderanno della loro maturità gli ispettori ministeriali? Per esempio quello che ha scovato un Ungaretti che del "vero Ungaretti" ha così poco? E cosa sa della maturità chi ha proposto un problema che fuoriesce del tutto dai programmi abitualmente svolti? Sarà forse una vendetta per una SUA maturità fallita? io ricordo benissimo il mio tema di maturità " il paesaggio nella lirica di Leopardi", un tema pulito, chiaro, senza elucibrazioni e contorcimenti, quelli che mio figlio chiama (scusatemi !) SEGHE MENTALI.  tanti esami, quello di mia figlia Sabina, in cui stavo tanto male che solo l'imprescindibile funzione docente mi ha salvato dal collasso, perché il caso mi ha offerto l'occasione di correggere una toppa tremenda di un suo compagno in attesa di entrare nell'antro dell'orco. Per dirla tutta, non solo quella di Fabrizio, famigerata commissione da impiccare, di mia nipote Barbara, collega d'italiano da gettare a fiume, ma anche quelle di tanti anni in cui "membro interno" a vita ho visto passare colleghi presuntuosi e saccenti, ma tanti altri garbati ,ironici, sorridenti, pronti a mettere a loro agio i ragazzi. Tante volte ho pensato di scrivere anch'io uno dei tanti "stupidari della maturità" che allora circolavano, quando ancora facebook non esisteva, ma c'erano i quaderni in cui gli alunni fedelmente registravano le "papere" dei loro prof. e poi garbatamente te le scodellavano durante la cena rituale prima degli esami. Cose tenere e affettuose di cui tutti ridevamo, perché fatte senza malizia; per non parlare dei regali scherzosi che tiravano fuori; ricordo un enorme paio di occhiali di plastica, comprati per poche lire alla Standa per una collega di scienza che ne aveva di bellissimi e firmati, il pallottoliere di legno colorato per la prof. di mate e per la sottoscritta, regolarmente un accendino. Li conservo ancora tutti, guai adoperarli! Una maturità, tante maturità, un solo augurio per la mia tenerissima Fuffa, che questa prova possa essere per te un bel ricordo. Fabrizio ha detto :" E' un ciclo che finisce" Sagge parole del mio sempre laconico figlio. Sursum corda! Deve finire in bellezza!